Carl Ran­som Rogers

(da www.iacp.it)

rogersCarl R. Rogers nacque ad Oak Park, Illinois, l’8 gennaio 1902 da una famiglia benestante, numerosa e di rigida osservanza fondamentalista. Lo stile di vita e i principi familiari ricalcavano, senza troppo discostarsene, il rigore e l’austerità dei Padri Pellegrini che tre secoli innanzi avevano fondato le prime colonie in terra americana. Di questa visione del mondo erano parte integrante: la morale calvinista della responsabilità personale non mediata; la fiducia nella possibilità, concessa ad ogni essere umano, di realizzarsi nella vita; lo spirito di completa uguaglianza nei rapporti: da qui il rispetto profondo per l’altro, il cui punto di vista è importante al pari del nostro e decisivo nelle scelte che lo riguardano. Tali convinzioni, precocemente assorbite, determinarono gli interessi teologici del giovane Rogers e in seguito ne avrebbero informato l’opera teorica.
Dopo la laurea, egli frequenta l’Institute for Child Guidance, di impostazione psicoanalitica, e consegue il dottorato in psicologia clinica alla Columbia University, studiando con W. Kilpatrik, a sua volta allievo del filosofo J. Dewey.
Grande sarà l’influenza del pragmatismo sul pensiero di Rogers: i rigidi principi assorbiti dalla famiglia verranno stemperati in una visione progressista, dinamica e gli interessi filosofico-religiosi affiancati dalla fiducia nel metodo specifico.
Nel 1924 Carl sposa Helen Elliott; dal matrimonio nasceranno due figli, David e Natalie. Per dodici anni, dal 1928 al 1939, Rogers rimane al Child Study Department di Rochester, nello stato di New York. All’inizio egli imposta il lavoro in modo tradizionale: raccoglie le anamnesi, somministra i test, conduce i colloqui secondo un approccio prescrittivo ed impersonale ma ben presto è deluso dai risultati e il contatto con una realtà umana e sociale difficile lo induce ad abbandonare il ruolo dell’esperto e a prediligere il “semplice” ascolto, seguendo i pazienti là dove i loro discorsi li conducono (Rogers, 1980; Raskin, Rogers, 1989). In questo mutamento di rotta egli trova conferme e stimoli nelle teorie di Otto Rank che conosce sia direttamente sia attraverso gli allievi F. Allen e J. Taft.
Alla fine degli anni di Rochester, Rogers condensa le sue recenti acquisizioni nel primo dei suoi libri: “The Clinical Treatment of the Problem Child” (1939), che gli vale una certa notorietà nell’ambiente accademico e, di conseguenza, una cattedra di psicologia clinica all’università dell’Ohio, dove tiene un corso pionieristico di psicoterapia.
L’anno seguente, il suo intervento ad un congresso all’università del Minnesota può considerarsi il manifesto del nuovo approccio: Rogers delinea un nuovo tipo di terapia, il cui obiettivo non è quello “di risolvere un particolare problema, ma di aiutare l’individuo a crescere, cosicchè egli possa far fronte ai problemi attuali e futuri in modo più integrato […] In secondo luogo, questa nuova terapia mette in rilievo maggiormente gli aspetti emozionali […] che quelli intellettuali. In terzo luogo […] si concentra sulla situazione attuale piuttosto che sul passato dell’individuo […] Infine […] pone l’accento sulla relazione terapeutica stessa come esperienza di crescita” (Kirschenbaum, 1979, pag.113).
Questa terapia è radicata nel lavoro di Rank, Taft e Allen, in quello degli analisti neofreudiani, in particolare di Karen Horney, nella play therapy e nella terapia di gruppo. Sulla scia delle polemiche suscitate da questa presa di posizione, Rogers scrive la prima grande opera teorica “Counselling and Psychotherapy” (1942) che contribuisce, insieme a “The Art of Counselling”di Rollo May (1939), a gettare le basi del movimento umanistico (Yalom, 1995).
Ma la novità più importante di questo libro è senza dubbio di tipo epistemico: per la prima volta nella storia della psicoterapia vengono registrate al magnetofono e pubblicate integralmente le sedute di una intera, seppur breve, psicoterapia.
Fino a quel momento ciò che avveniva durante il colloquio non era disponibile ad una indagine obiettiva, avendo quale unico riscontro i ricordi o gli appunti del terapeuta. Il caso di Herbert Bryan invece introdusse la psicoterapia in un ambito pienamente scientifico e inaugurò un’entusiasmante stagione di ricerche che vide Rogers e il suo gruppo fra i più attivi.
Nel 1945 egli si trasferisce all’università di Chicago dove rimane dodici anni, creando un Counselling Center che presto diverrà uno dei più noti per la psicoterapia e la ricerca.
Nel 1951 esce “Client-centered Therapy”, che amplia e perfeziona, da un punto di vista fenomenologico, i principi contenuti in “Counselling and Psychotherapy” e li estende alla terapia di gruppo, al campo educativo, lo sviluppo delle risorse umane e infine, ai contenuti dei corsi di formazione in psicoterapia.
Nel 1957 Rogers ottiene la cattedra di “psicologia e psichiatria” all’università del Wisconsin, diventando così il primo psicologo clinico ad insegnare in un dipartimento di psichiatria. Come abbiamo detto, le sue posizioni si ponevano in radicale scontro con quelle psichiatriche tradizionali, per di più, le sue teorie erano state, fino a quel momento, applicate e verificate prevalentemente su ragazzi difficili, genitori, studenti universitari, insomma su varie tipologie, tranne proprio quelle psichiatriche.
Da qui l’impegno, la “sfida” a verificare se “le tre condizioni necessarie e sufficenti” (che egli aveva definito proprio in un articolo del 1957) fossero efficaci anche nei casi di psicosi; ciò si concretizzò nella lunga e poderosa “ricerca del Wisconsin” con gli schizofrenici cronici del Mendoza State Hospital. I risultati, pubblicati nel volume “ The Therapeutic Relationship and its Impact: A Study of Schizophrenia” (1967), firmato insieme a E. Gendlin, D. Kiesler e C. Truaux, dimostrano in sintesi che le attitudini di empatia e accettazione esplicate dal terapeuta sono davvero correlate al miglioramento psicologico del paziente, ma soltanto se quest’ultimo riesce a recepirle.
Nel 1964 Rogers rinunciò all’insegnamento universitario e si trasferì al prestigioso Western Behavioural Science Institute di La Jolla, in California. In quegli anni la West Coast era un crogiolo di fermenti e di idee innovative in campo politico, sociale e culturale.
Nel 1962 era stata fondata da A. Maslow la Association of Humanistic Psychology (Buhler, Allen, 1972), in cui si riconosceva la cosiddetta “terza forza” fra psicoanalisi e comportamentismo, formata da studiosi di varia provenienza teorica: oltre a Maslow e a Rogers, ricordiamo G. Allport, R. May, F. Pearls, G. Kelly.
Immerso in questo clima, Rogers vi contribuì applicando il suo approccio all’educazione, al management, ai “gruppi di incontro”, alla comunicazione interculturale, alla filosofia della scienza; ad ognuno di questi argomenti corrisposero ricerche e pubblicazioni.
Nel 1969 Rogers crea, con alcuni colleghi, il Center for the Study of the Person, che diventerà punto di incontro e coordinamento delle varie esperienze di “approccio centrato sulla persona” che stanno sorgendo nel mondo.
Ma il culmine dell’impegno di Rogers è senza dubbio la fondazione, dell’ Institute for Peace, per lo studio e la risoluzione dei conflitti. Insieme a numerosi collaboratori egli faciliterà grandi gruppi d’incontro fra cattolici e protestanti a Belfast, fra rappresentanti dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, fra neri e bianchi in Sud Africa, fra capi di stato e diplomatici dell’America Centrale ed esponenti del governo degli Stati Uniti. Ciò gli varrà la candidatura al premio Nobel per la pace.
Fino a pochi giorni prima della morte, il 7 febbraio 1987, Rogers lavora con l’ex-allievo e collaboratore N. Raskin alla stesura del capitolo sulla client-centered therapy, pubblicato postumo nella raccolta di Corsini e Wedding (1989), che costituisce il suo testamento spirituale.